Restiamo umani, anche quando intorno a noi l’umanità pare si perda.
Posizionata davanti al mare, al mare di dolore, quest’opera di un giovane docente motivato dai suoi occhi aperti ci interroga e chiede di fermarci, di guardarci dentro, di riflettere, e poi d’impegnarci e darci da fare contro questa ondata di odio e di violenza che pervade il Paese. Quest’opera ci dice che Cristo riesce a perdonare anche i subumani, le persone odiose, stupide, cattive. Io carico delle mie contraddizioni ammetto di avere qualche difficoltà. Eppure anche a loro, anche a quelli carichi di odio e rancori quest’opera grida “Restiamo umani”. E con queste immagini negli occhi voglio augurare a ogni persona che verrà a guardarla per capire di incontrare di notte nella bellissima piazza di Montesilvano gli occhi dei bambini che muoiono in mare e che a volte il mare riversa sulle spiagge del Mediterraneo, mentre l’Europa gioca allo scaricabarile con il problema dell’immigrazione – cioè con la vita di migliaia di persone – e, per non affrontarlo in modo politicamente degno, arriva a colpevolizzare chi auspica un’accoglienza capace di coniugare sicurezza e solidarietà.
Umanità, niente di più. Ci si può confrontare sulle idee ma restando umani. Perché, mentre una nuvola nera va nuovamente addensandosi sulla società e sulle istituzioni. Riemerge dai cupi anfratti in cui essa, con il suo bagaglio di intimidazioni, odio e discriminazioni, era stata a forza ricacciata dalle lotte di liberazione ed emancipazione popolare del secolo scorso. Si nutre dell’abbandono dei valori fondanti di libertà, fraternità uguaglianza, progresso civile e sociale, che di quelle lotte erano stati il seme, il cuore e la forza propulsiva. E alle quali la Costituzione repubblicana, e l’avvento con essa dell’età dei diritti, avevano dischiuso la porta. Ridà corpo agli spettri del revanscismo, del razzismo, del disprezzo del diverso. Genera il risorgere, brutale e generalizzato, della violenza.
Di fronte a essa noi siamo chiamati a decidere da che parte stare, se con i profeti e gli artefici dell’orrore fascista o con chi si batte per un mondo a colori, libero, democratico e giusto. Siamo chiamati a dire che non siamo disposti né ad accettarla né a subire la violenza di chi, sconfitto dalla storia, tenta di resuscitare i fantasmi del passato o di inverarli, a ottant’anni dall’emanazione delle infami leggi razziali, in nuove forme di razzismo, intolleranza ed apartheid.
Anche se ad allarmarci profondamente è, se mai, piuttosto il clima di indifferenza, egoismo, timori, intolleranza che tutto ciò ha alimentato e reso possibile. È la rimozione della memoria di quel che noi stessi siamo stati. È la ricerca del nuovo nemico contro cui sfogare i propri peggiori istinti e dirottare recriminazioni e frustrazioni.
Contro questa deriva, contro la desertificazione delle coscienze e dello spirito critico che essa va provocando, quest’opera di Graziano Fabrizi ci aiuta, con un imperativo morale e politico ineludibile, a reagire prima che sia troppo tardi: restando umani. Combattivi. Solidali. Pronti a impegnarsi a fronte alta. Senza paura.
Questa opera che ghiaccia l’anima e per questo la scalda, è ancora più tremenda per l’ammasso di beoni che davanti al dolore restano indifferenti, davanti alla miseria e alla disperazione restano muti a guardare il dolore disegnarsi sul volto di un essere umano nato in un altro Paese. Questa opera ci chiede di avere un pò di commiserazione e pietà. La stessa pietà che hanno gli animali che non hanno fame. Bisogna contrastare questa emorragia di umanità, questo cinismo dilagante alimentato dagli imprenditori della paura. L’Europa moderna, l’Italia che vogliamo non è questa. L’Europa moderna è libertà, uguaglianza, fraternità. L’Europa civile è tutta in quest’opera a colori. Fermiamoci allora a riflettere davanti a essa. Primo passo per costruire un mondo più giusto, dove riconoscersi diversi come persone e uguali come cittadini.